Bidecalogo

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Documento programmatico per la protezione della natura alpina
dell’Assemblea dei delegati a Brescia il 4 ottobre 1981

Il Club Alpino Italiano, fin dalla sua fondazione, si è proposto il compito statutario di diffondere l’interesse per i territori montani, riconoscendo l’importanza della montagna come ambiente naturale di profondo valore e significato e la validità della presenza umana in essa (essendo del resto quasi tutta la montagna italiana marcata da antropizzazione più o meno spiccata), purché concepita nel quadro di un nuovo rapporto tra l’uomo stesso e l’ambiente naturale: in modo cioè da trovare un nuovo equilibrio tra l’esigenza della conservazione e quella di un armonioso sviluppo della società umana che vi è inserita.

Si ritiene pertanto che la politica protezionistica del Club alpino dovrebbe essere indirizzata sulla base dei seguenti obiettivi di principio:

1) Tutela integrale dell’alta montagna, in particolare ghiacciai, creste, vette ed elementi morfologici dominanti o caratteristici. L’alta montagna nel suo complesso rappresenta l’ultimo ambiente naturale non antropizzato dell’Europa, e riveste (anche per tale motivo) un’importanza assolutamente eccezionale.

2) Classificazione e rigorosa tutela di tutte le più notevoli peculiarità dell’ambiente montano, tanto di rilevante quanto di limitata estensione. Particolare attenzione dovrà essere rivolta ai Parchi Nazionali, ai Parchi Regionali e alle Riserve Naturali per potenziare l’efficienza di quelli esistenti, per promuovere la creazione di nuovi, affinché le leggi di istituzione e di gestione di Parchi e Riserve li presentino quali fulcro di qualsiasi progetto di riqualificazione del territorio.
I Parchi e le Riserve nascono dalla necessità di salvaguardare il significato di una zona di preminente interesse naturalistico, educativo, culturale, scientifico, non per allontanarla irrimediabilmente dagli uomini ma, anzi, per farne il modello di quello che dovrebbe essere ovunque il corretto uso delle risorse ambientali.

3) Strade e infrastrutture viarie:
– Evitare la proliferazione indiscriminata di strade, piste, carrozzabili, camionabili, trafori e simili.
– Nel caso di costruzione di nuove opere vanno valutate attentamente le conseguenze economiche, viarie, paesaggistiche e sull’assetto idrologico.
– Distinguere nella viabilità esistente una rete di riconosciuta necessità territoriale, economica e sociale da conservare e mantenere in buono stato, individuando, tuttavia, accanto a strade accessibili liberamente a tutti, anche strade di servizio ad accesso vietato o altamente selezionato (ad esempio solo per attività silvo-pastorali).
– Riconvertire in piste o tratturi, anche con interventi di restauro ecologico, buona parte della viabilità inutile o dannosa, impossibile da curare e pericolosa per l’integrità dell’ambiente.

4) Opere varie complementari:
– Evitare l’indiscriminata penetrazione motorizzata nell’ambiente naturale montano, in particolare l’uso dei fuoristrada.
– Limitare rigorosamente l’uso di natanti a motore nei laghi alpini.

5) Mezzi di salita artificiali:
– Ragionata opposizione a nuove opere a fune e soprattutto a quelle progettate per raggiungere vette, valichi, ghiacciai, rifugi, o che comunque si spingono nell’alta montagna.
– Regolamentazione in senso restrittivo dell’uso degli elicotteri, aerei e motoslitte sull’arco alpino e lungo la catena appenninica, limitandone l’impiego ai casi di assoluta e accertata utilità.

6) Riconoscere l’esigenza che qualsiasi opera o intervento antropico va avvalorato da una preventiva considerazione dei seguenti tre aspetti:
– Inserimento in un quadro di pianificazione territoriale e programmazione civile.
– Valutazione di tipo economico, con analisi costi-benefici.
– Studio dell’impatto di carattere ecologico-ambientale.

7) Insediamenti fissi in montagna:
– Individuare nella bassa e media montagna la fascia di abitabilità permanente per l’uomo, evitando soluzioni e interventi di tipo massiccio e industrializzato, favorendo quelli graduali e a misura d’uomo.
– Tendere al recupero e alla vitalizzazione dei vecchi centri abitati e dell’architettura tradizionale.

8) Insediamenti temporanei in montagna:
– Conservare il carattere originario di dimora non fissa, ben inserita nell’ambiente ed ecologicamente compatibile con le risorse naturali circostanti.
– Recuperare per usi multipli tutti gli insediamenti tradizionali montani.
– Distinguere nettamente le aree destinate ad attività turistiche attrezzate, in linea di principio concepibili soltanto in zone già antropizzate, dalle aree destinate a un uso turistico di tipo leggero, dando a entrambe le categorie adeguata e precisa regolamentazione.

9) In caso di inserimenti industriali in ambiente montano, privilegiare, in linea di principio, iniziative del tipo industrie leggere e non inquinanti.

10) Cave, prelievi minerari e fluviali:
– Limitare i prelievi e gli interventi allo stretto necessario, assoggettandoli a regole e controlli assai attenti.
– Imporre, fin dove possibile, il ripristino dello stato dei luoghi mediante opere appropriate di restauro ecologico.
– Escludere le aree di primario valore paesaggistico o di grande significato ambientale.

11) Attività sciistiche:
– Incoraggiare lo sci di fondo, lo sci-alpinismo, lo sci-escursionismo.
– Scoraggiare la proliferazione degli impianti e delle piste esistenti, evitando, fin dove possibile, nuove iniziative.
– Accettare, in caso di provata utilità sociale ed economica locale, solo gli eventuali nuovi impianti inseriti in un’adeguata pianificazione globale, limitando all’indispensabile l’alterazione dell’ambiente preesistente.

12) Tradizioni locali:
– Riscoprire e rivalutare tutta la cultura tradizionale, onde evitarne la scomparsa.
– Valorizzare anche l’autentico artigianato locale, fondato su tradizioni ancora significative, senza cedere a compiacimenti verso un folklore di maniera, soltanto esteriore.
– Collaborare alla creazione di scuole artigianali qualificanti.

13) Tutela del patrimonio forestale:
– Reintroduzione di essenze tipiche dei luoghi ove si svolgono i rimboschimenti.
– Evitare il coniferamento indiscriminato.
-.Provvedere nei modi migliori e con le tecnologie più adatte a prevenire e combattere il grave fenomeno degli incendi boschivi.
– Per lo sfruttamento economico delle superfici boschive favorire lo sviluppo e la realizzazione di piani di assestamento precisi e documentati.

14) Tutela del suolo:
– Richiesta di pianificazione per bacini idrografici, volta al conseguimento del migliore equilibrio idrogeologico possibile, limitando al massimo interventi che provochino squilibri ecologici.

15) Attività zootecnica:
– Appoggio alla diffusione di tecniche di allevamento adeguate alle specifiche condizioni ambientali, con precisi limiti di carico per evitare fenomeni di sovrasfruttamento.
– Esclusione di aree di particolare valore naturalistico.
– Incentivazioni particolari in fasce ottimali per il recupero di certe attività tradizionali e la rivitalizzazione degli ambienti umani legati alla montagna.

16) Sostegno a iniziative per la diffusione, nel settore agricolo montano, di soluzioni intese a diffondere tecniche e pratiche di agricoltura per produzioni di qualità anziché di massa.

17) Tutela della fauna selvatica:
– Sostegno al progressivo ripopolamento di vaste aree montane, per scopi collegati all’equilibrio ecologico, alle ricerche scientifiche, ad attività culturali e ricreative non aggressive.

18) Impostazione di una chiara politica in materia venatoria. Pur essendo senza dubbio auspicabile che in un prossimo futuro il rapporto dell’uomo con la natura non debba più in nessun caso presupporre forme di violenza gratuita, si constata però che oggi le attività della caccia rappresentano ancora per alcuni un modo per avvicinarsi all’ambiente naturale.
Il C.A.I. chiede che l’attuale disciplina venatoria venga modificata in armonia con le direttive CEE, nel senso che:
a) venga limitata drasticamente e senza deroghe regionali la durata del calendario venatorio su tutto il territorio nazionale;
b) venga abolito l’art. 842 del Codice Civile che autorizza chi è armato di fucile da caccia a penetrare nei terreni altrui anche contro la volontà dei proprietari;
c) si restringano effettivamente nel rispetto delle leggi vigenti e delle direttive CEE le aree in cui è permesso l’esercizio della caccia;
d) sia istituito un corpo di agenti venatori in grado per numero e preparazione di garantire effettivamente il rispetto della legge su tutto il territorio nazionale;
e) il cacciatore sia ancorato al suo territorio di origine e dunque ciascuno abbia la possibilità di caccia nella sola regione di appartenenza;
f) venga accolta integralmente la norma CEE che obbliga a usare fucili con al massimo due colpi;
g) sia vietata ovunque ogni forma di uccellagione e vendita di volatili da richiamo o trastullo;
h) l’Italia faccia proprio integralmente e senza deroghe regionali l’elenco delle specie protette allegato alla direttiva CEE.

19) Necessità di una chiara e restrittiva disciplina riguardante la realizzazione di nuovi rifugi, bivacchi fissi, vie ferrate in conformità agli articoli precedenti.
– Ricerca di soluzioni atte a evitare accumuli di rifiuti presso i rifugi e di soluzioni non inquinanti per il fabbisogno energetico.

20) Politica di autodisciplina del C.A.I. L’efficacia e la credibilità di qualunque iniziativa, che il C.A.I. volesse intraprendere in difesa dell’ambiente montano, verrebbero gravemente compromesse qualora le molteplici attività del sodalizio non fossero improntate ad assoluti criteri di rigore e coerenza per quel che riguarda la tutela dei valori ambientali. I1 C.A.I. dovrebbe tendere a rappresentare, a tutti i livelli e in ogni circostanza, l’esempio di come sia possibile avvicinarsi alla montagna e viverne le bellezze, senza in alcun modo degradarne il significato. A questo scopo, per ogni azione che coinvolga problemi di tutela dell’ambiente montano, oltre a un’ampia e costante sensibilizzazione di tutti i soci, sarebbe opportuna, a tutti i livelli, una cooperazione stretta e responsabile tra le commissioni competenti e tra queste e le Sezioni.

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