Ricordando Giovanni Cibien

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Giovanni Cibien era nato a Castion di Belluno, ai piedi del Nevegal.

Nel percorso militare che aveva segnato la sua vita attiva si era congedato con il grado di maresciallo. Aveva lavorato all’aeroporto militare di Treviso e qui si era meritato la stima dei colleghi.

Tutti noi, che lo abbiamo conosciuto al CAI e all’UOEI, lo abbiamo apprezzato e stimato per l’attività che ha profuso per tre decenni in qualità di “accompagnatore escursionista” (titolo che ancora oggi il CAI conferisce solo dopo una lunga e severa selezione di merito che avviene a livello nazionale e regionale).

Le radici bellunesi, la formazione militare orientata al perseguimento di obiettivi e la preparazione certificata di accompagnatore escursionista facevano di Giovanni una GUIDA altamente affidabile.

Va inoltre ricordato che Giovanni apparteneva a quel tipo di profilo umano che per natura è riservato, essenziale, privo di narcisismo e di protagonismo, tutte doti che ritengo di grande pregio.

Giovanni aveva spiccate capacità organizzative che coniugava con un’autentica etica della responsabilità. Tutte le variabili (sia positive che negative) che concorrevano a scegliere una escursione e a decretarne una proposta di fattibilità venivano prese in serio esame (lo posso dire per esperienza personale fatta con lui e Mauro sulle Dolomiti di Brenta e sull’Alta via del Garda). Durante l’escursione era generoso e prodigo di suggerimenti e attenzioni; il sorriso accendeva il suo volto solo quando l’escursione si era conclusa.

L’atteggiamento di Giovanni in qualità di “responsabile di una escursione” lo si coglieva dalla sua capacità di mettersi al “servizio” in modo totale. In lui infatti era costante l’attenzione alla singola persona e, contemporaneamente, al gruppo nel suo complesso. Neanche in escursioni impegnative di più giorni (ricordo quelle tra Pelmo e Pelmetto e la Pala Bianca) veniva mai meno a questo impegno.

Giovanni aveva spiccate doti personali di ascolto che facilitavano il dialogo e le relazioni umane che spesso si arricchivano nel tempo. Sapeva trasmettere un metodo razionale di approccio all’escursione in montagna e nel contempo insegnava ad aprire la mente e il cuore alle molteplici dimensioni dell’andare in montagna (per lui non esisteva solo il sentiero ma anche la storia del sentiero; non esisteva solo un luogo ma anche le sue tradizioni coniugate con le varie espressioni artistiche etc.).

Come uomo di fede spesso Giovanni ci invitava a visitare le chiesette di montagna portando poi la nostra attenzione sull’affresco, sulla via crucis, sull’altare ligneo etc.

Nel DVD che ho realizzato per il centenario del CAI di Treviso nelle ultime immagini si può vedere Giovanni in atteggiamento meditativo “sotto una croce” o “sulla vetta” mentre guarda il tramonto. Penso di non sbagliare dicendo che per lui l’andare per monti costituiva un esercizio spirituale. Lo dico perché spesso l’ho visto assorto, in silenzio ( che ritengo il migliore atteggiamento capace di orientare le domande autentiche sulla vita e sul destino dell’uomo).

Spesso ho pensato che questo suo atteggiamento di meditazione e riflessione sia stato un lungo esercizio di ricerca di senso e di preparazione interiore propedeutico ad accogliere il dolore e la sofferenza che poi lo hanno accompagnato e segnato nella parte finale della sua esistenza terrena.

In Giovanni mi ha sempre incuriosito il suo passo lento. Non era quello di un camminatore, di un viandante, di un semplice escursionista; era quello di un pellegrino. E lo dico perché alla lentezza del passo Giovanni associava lo sguardo costantemente rivolto all’orizzonte, all’ ”oltre”.

Ma Giovanni non era un bacchettone! Nel tempo sapeva tenere unito il gruppo facendo memoria di escursioni passate e proponendone sempre di nuove per il futuro. Faceva poi socializzare i compagni del gruppo realizzando momenti conviviali (di grande armonia e allegria) con pranzi, cene, proiezioni fotografiche, premi di varia natura riuscendo ad arrivare a tutti.

Questa è stata la grande lezione che per tre decenni Giovanni ci ha trasmesso e della quale faremo tesoro e memoria.

Ti ringraziamo di cuore caro Giovanni per la generosità e la pazienza con la quale ci hai sempre accolto e accompagnato.

Siamo sicuri che il “Signore delle cime” ti lascerà continuare ad esplorare i “nuovi sentieri” con il caro Valter e con tutti gli altri nostri comuni amici che certamente ritroverai da “quelle parti”.

Come si dice tra gente di montagna autentica: per noi tu sei, ora, uno di noi che è andato avanti.

Da tutti noi un abbraccio forte che estendiamo a tutta la tua cara famiglia con sincera gratitudine.

Aldo Solimbergo

Treviso, 6 agosto 2018

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1 commento

  • Ivano Beraldo says:

    Caspita, lo ricordo con piacere tra le guide del corso di escursionismo avanzato del 1999!
    Un pensiero ai suoi cari!

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