Sci-alpinismo o Sci-escursionismo?

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Introduzione

In questa sezione vogliamo affrontare la annosa questione delle differenze tra scialpinismo e sciescursionismo. Un tema che può essere un contributo per meglio capire un mondo che potrebbe rischiare di sembrare un unico uniforme sistema “bianco”. In realtà state guardando due modi molto diversi per vivere due ambienti veramente diversi.

Per tracciare questa frontiera tra dua modi, tra due orizzonti diversi, ci affidiamo alle parole di Camillo Zanchi che, pur datate, accompagnano il lettore con vera passione.

Commissione Sciescursionismo
Febbraio 2009

Lo sci quale semplice mezzo per muoversi sulla neve

L’escursionismo è il principale movente: il piacere della scivolata, tutt’altro che trascurabile, passa però in sottordine e in determinate circostanze può anche essere sacrificato senza per questo compromettere l’interesse per l’escursione. Questa impostazione allarga il campo dell’escursionismo, tradizionalmente limitato al periodo estivo, a tutto l’arco dell’anno su percorsi più vari e su maggiori distanze in un mutato ambiente naturale con un proprio indiscutibile fascino. Per rendere meglio l’idea, oserei dire che lo sci-alpinismo costituisce la punta di diamante dello sci-escursionismo. Da questa impostazione discendono le altre caratteristiche dello sci-escursionismo e ad essa occorre riferirsi ogni qual volta si discute delle problematiche che inevitabilmente si presentano nella fase evolutiva.

Limiti tra sci-alpinismo e sci-escursionismo

Rimandando ad altra sede una discussione sulle problematiche della tecnica e dell’attrezzatura, ci limitiamo ad affrontare qui il più scottante dilemma nell’ambito del CAI: sci-alpinismo o sci-escursionismo? Malgrado sia stato superato il periodo di rigetto proprio delle cose nuove e gli organi ufficiali del CAI l’abbiano riconosciuto, ancor oggi lo sci di fondo escursionistico viene considerato con diffidenza e con una certa contrarietà dagli sci-alpinisti. Si deve peraltro dare atto sono gli stessi sci-escursionisti a darne motivo con un’incauta invasione di campo. Per questo s’impone un incontrovertibile chiarimento. Allo scopo lo scrivente espone di seguito la propria versione. Coerentemente con l’impostazione sopra ribadita dello sci, inteso come semplice mezzo per muoversi sulla neve, andrebbe superata ogni schematica classificazione, peraltro con uso di nomi non rigorosamente definiti, rivolgendo l’attenzione direttamente alla scelta del modo di percorrere più agevolmente e in sicurezza ogni singolo percorso. Innanzi tutto va sgomberato il campo allo sci-alpinismo autentico, quello cioè che richiede l’impiego di tecniche di ghiaccio e di roccia. Nell’ambito del CAI queste tecniche vengono insegnate nelle scuole di sci-alpinismo, delle quali è indiscussa la competenza. Il normale sci-escursionista va pertanto dissuaso dall’affrontare imprudentemente ghiacciai e vette rocciose. Premessa questa doverosa riserva, osserviamo che, prescindendo in prima istanza dalle contingenti condizioni della neve, le caratteristiche da considerare di un percorso sono i dislivelli messi in rapporto con lo sviluppo in lunghezza e in particolare le pendenze. Altri fattori, quali ad esempio l’altezza assoluta, non giocano più un ruolo primario dal momento che oggi anche l’escursionista può premunirsi dal freddo e dotarsi di attrezzature affidabili senza un eccessivo appesantimento. Assunta la pendenza come parametro primario distintivo dei percorsi, passiamo ad esaminare in funzione di essa il comportamento dell’attrezzatura e della tecnica sciistica. L’attuale attrezzatura sci-alpinistica è caratterizzata da sci corti e larghi, con attacco-scarpa rigido in blocco unico con lo sci, fasciante la caviglia fino ad immobilizzarla. Viene in tal modo avvantaggiata considerevolmente la manovrabilità dello sci anche su nevi pesanti, con forti pendenze e facilitata la tecnica di discesa. All’estremo opposto sta l’attrezzatura del fondista da pista, con sci lunghi e stretti e attacco-scarpa fissato solo di punta, al fine di conferire leggerezza e di consentire una scivolata lunga a tutto vantaggio dei percorsi lunghi e pianeggianti. L’attrezzatura dello sci-escursionista è un compromesso tra i due estremi, con lunghezza e larghezza degli sci intermedie al fine di migliorare la manovrabilità in discesa (e il galleggiamento) senza rinunciare alla scivolata lunga in piano. L’aggiunta delle lamine migliora la tenuta laterale e consente di affrontare le mezze coste gelate. L’attacco-scarpa, sempre con solo fissaggio di punta, è rinforzato per conferire più rigidezza laterale e proteggere la caviglia. La tecnica di discesa dello sci-escursionista è intesa a sopperire alla ridotta manovrabilità degli sci mediante una serie di accorgimenti e limitazioni, impegnando maggiormente le caviglie e arretrando il baricentro per migliorare la stabilità. Il telemark può considerarsi all’apice di questa tecnica. Esistono anche semplici dispositivi per bloccare il tallone in discesa, ma stranamente incontrano scarso favore presso l’escursionista, che non è più abituato a sentirsi bloccato sugli sci e piuttosto rinuncia ad una discesa elegante. Scendendo in maggiori dettagli, le variabili in gioco si moltiplicano, ne esiste tutta una gamma,  che non consente una semplicistica e netta distinzione tra le due discipline. Il progresso in atto, sia nei materiali che nella tecnica, offre una varietà di soluzioni in grado di soddisfare alla varietà dei percorsi, delle condizioni della neve e del livello degli sciatori. Tuttavia, poiché un orientamento è sempre utile per i meno iniziati, senza pretesa di rigorismo, tentiamo di abbozzare una suddivisione in zone di competenza, lasciando una zona intermedia bivalente a scelta degli interessati, caso per caso. Il criterio logico da seguire è quello di consentire l’effettuazione di un dato percorso, non soltanto in sicurezza, ma anche nel modo più agevole e gradito all’interessato. Così ad esempio per gusto personale si può preferire di sacrificare un’elegante discesa in cambio di un’andatura leggera e di maggior libertà di movimento, fattori che promuovono un più intimo contatto con l’ambiente, di salite meno faticose e di maggior speditezza in piacevole scivolata nei falsipiani. Il peso pro e contro questi fattori, tenuto conto delle condizioni della neve e del livello tecnico dello sciatore, dipende dai dislivelli da superare in senso negativo e dalla lunghezza complessiva del percorso in senso positivo, in quanto, a parità di dislivello, il fondista viene avvantaggiato dalla lunghezza.

Tratto da “Dieci anni di sci di fondo escursionistico” di Camillo Zanchi – La Rivista del CAI Sett./Ott. 1985

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1 commento

  • mario says:

    Complimenti! Io sono uno sciescursionista di lunga data autodidatta e “anarchico” ed in questa mirabile ed equilibrata descrizione ho trovato conferma su alcuni dubbi che avevo circa la differenza tra le due discipline.
    Lo sci alpinismo ha sicuramente il suo fascino ma richiede una preparazione rigorosa, lo sci escursionismo e’ sicuramente alla portata di una platea piu’ ampia di sciatori, regala delle emozioni sicuramente impagabili e necessita comunque di una doverosa prudenza ed adeguata preparazione per la propria sicurezza e quella altrui.

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